Recentemente ho passato un week-end ad Amman. Nella capitale giordana ho avuto la possibilità di riflettere su alcuni valori che sono assoluti, mentre altri sembrano essere strettamente relativi.
Mi spiego meglio.
Venendo da Dubai, dove già siamo sui 30 gradi di giorno e 18 la sera, ad Amman abbiamo trovato temperature rigide, che si aggiravano intorno ai 15 gradi la sera e circa 20 di giorno (invidia di chi sta in Italia eh?).
Visto che per l’inverno non mi sono portato il piumino e i pantaloni da neve, ho dovuto affrontare quelle temperature col unico paio di jeans e l’unica felpa a disposizione. Ho riservato la felpa per la sera, avventurandomi di giorno ad indossare solo una maglietta.
Questa sfrontatezza verso l’inverno giordano ha attirato parecchio l’attenzione dei giordani che giravano invece coperti per lo meno da un bel maglioncino se non addirittura piumini smanicati, e cappelli.
Questo mi ha ricordato un altro rigido inverno vissuto in Mozambico quando, con temperature simili, i mozambicani giravano con giacche a vento che e cappelli di lana che non avrebbero sfigurato in un inverno scandinavo. Mi sono immaginato vecchie nonne che intimano ai nipoti di indossare la maglietta della salute “che fuori fa freddo!”. Almeno, così mi avrebbero probabilmente detto le mie di nonne se fossi cresciuto in questi paesi.
Queste osservazioni, ed evidentemente anche l’abbondanza di tempo da perdere in aeroporto, mi ha fatto sviluppare delle riflessioni filosofiche.
Ho pensato che, evidentemente, il principio “d’inverno fa freddo” è un concetto assoluto. Che prescinde dalla effettiva temperatura esterna. Il freddo è uno stato mentale, non fisico, e in quanto tale puramente soggettivo (sarebbe bastato questo a distruggere John Locke e gli altri inglesi (i filosofi non quelli di Lost!)).
Altro concetto prettamente relativo sembra essere quello della cucina piccante misurata su vari gradi di piccante: spicy, double spice and spicy double. Ma su questo rifletterò nel prossimo volo.
P.S.: Presto alcune foto del viaggio.
Mi spiego meglio.
Venendo da Dubai, dove già siamo sui 30 gradi di giorno e 18 la sera, ad Amman abbiamo trovato temperature rigide, che si aggiravano intorno ai 15 gradi la sera e circa 20 di giorno (invidia di chi sta in Italia eh?).
Visto che per l’inverno non mi sono portato il piumino e i pantaloni da neve, ho dovuto affrontare quelle temperature col unico paio di jeans e l’unica felpa a disposizione. Ho riservato la felpa per la sera, avventurandomi di giorno ad indossare solo una maglietta.
Questa sfrontatezza verso l’inverno giordano ha attirato parecchio l’attenzione dei giordani che giravano invece coperti per lo meno da un bel maglioncino se non addirittura piumini smanicati, e cappelli.
Questo mi ha ricordato un altro rigido inverno vissuto in Mozambico quando, con temperature simili, i mozambicani giravano con giacche a vento che e cappelli di lana che non avrebbero sfigurato in un inverno scandinavo. Mi sono immaginato vecchie nonne che intimano ai nipoti di indossare la maglietta della salute “che fuori fa freddo!”. Almeno, così mi avrebbero probabilmente detto le mie di nonne se fossi cresciuto in questi paesi.
Queste osservazioni, ed evidentemente anche l’abbondanza di tempo da perdere in aeroporto, mi ha fatto sviluppare delle riflessioni filosofiche.
Ho pensato che, evidentemente, il principio “d’inverno fa freddo” è un concetto assoluto. Che prescinde dalla effettiva temperatura esterna. Il freddo è uno stato mentale, non fisico, e in quanto tale puramente soggettivo (sarebbe bastato questo a distruggere John Locke e gli altri inglesi (i filosofi non quelli di Lost!)).
Altro concetto prettamente relativo sembra essere quello della cucina piccante misurata su vari gradi di piccante: spicy, double spice and spicy double. Ma su questo rifletterò nel prossimo volo.
P.S.: Presto alcune foto del viaggio.
Nessun commento:
Posta un commento