Temi

09 dicembre 2009

Dopo le note positive, ora le note dolenti

What can one say....
we LOST!

05 dicembre 2009

Mando il CV alla gazzetta?

La strada è segnata. L'urna ha dato il suo responso. Ora concedetemi un'analisi scientifica della cosa.

Il grafico qui sotto riporta i valori della classifica FIFA del ranking mondiale.

Le linee verticali delimitano i gruppi.
Più alta è la posizione nel ranking, più alta sarà nel grafico. La posizione più alta è della Spagna, prima nella ranking FIFA. Secondo il Brasile. L'Italia è quarta. 
Il Sud Africa è la squadra qualificata al mondiale col ranking più basso, 86 posto. Appena prima il Nord Corea in 84ema posizione.

02 dicembre 2009

La "nuova" strategia di Obama

Ispirato da mio fratello, nonostante sia figlio unico, mi metto a fare previsioni su quello che il grosso della stampa in inglese (BBC, CNN, Al Jazeera), e quindi una buona parte dell'informazione mondiale, sta discutendo.
La nuova strategia in Afghanistan.

27 novembre 2009

A priori

Vorrei spendere due parole con un post preventivo.
So che alcuni di voi vipere già state preparando domande, commenti e allusioni. Vi precedo.


18 novembre 2009

La pasta


Una delle domande che più spesso mi viene rivolta come italiano all'estero è: ma voi italiani, come fate a mangiare sempre pasta e pizza e rimanere magri?
Quando la domanda viene degnata di una risposta più eloquente di una semplice risatina, sufficiente la maggior parte dei casi, allora solitamente mi arrampico in difficili spiegazioni sul fatto che il condimento è importante. Che il pollo grigliato NON è uno degli ingredienti del sugo alla bolognese. E che bolognese si pronuncia così.

I più demordono, ma alcuni insistono che però il pollo va nella italianissima salsa Alfredo (una specie di besciamella).
Quando spiego che questa salsa in Italia non si usa per condire la pasta smettono di credere a qualunque cosa io dica.
Oggi però mi sono dato un'ulteriore spiegazione del perché “noi” mangiamo meglio di “loro”.

09 ottobre 2009

L'esilio 3/3 (questo post è in tre parti. Questa è la terza ed ultima)

Uscito dall'ufficio della migrazione mi dirigo in Ambasciata con il dubbio un dubbio: visto che l'ambasciata chiude al pubblico alle 12.30 (oramai sono le 15 quando arrivo li) sarà un viaggio a vuoto? Invece la gentilissima signora che mi raccoglie una volta in ambasciata mi offre caffè e biscotti “per tirarmi su” e manda un fax in questura con tanto di telefonata di conferma per assicurasi che diano priorità alla mia pratica.

08 ottobre 2009

L'esilio 2/3 (questo post è in tre parti. Questa è la seconda)

La domenica, che è lavorativa in Bahrain, resto solo. La mia ragazza deve tornare al lavoro a Dubai.
Da solo affronto la questione. Prima di tutto vado in ambasciata. Dove mi dicono che possono rilasciare una copia del passaporto, previo nulla osta della questura, due foto tessere, e denuncia alle autorità locali. In aggiunta il Bahrain deve riconoscermi un visto per uscire dal paese. Quest'ultima parte si rivela essere più complicata del previsto.


Inizia qui una via Crucis kafkiana. Questa, molto in breve, la sequenza:


1. Polizia 1.
Vado alla stazione di polizia vicino all'albergo per fare la denuncia. Spiego l'accaduto, e mi chiedono dove ho perso il passaporto. Alla mia osservazione che se sapessi dove ho perso il passaporto, assumendo che questi non sia dotato di moto proprio, non avrei bisogno di denunciare lo smarrimento perché saprei dove si trova. Alla fine mi dicono che comunque devo andare alla migrazione per avere un “Brant”. L'inglese del poliziotto medio del Bahrain non è esattamente come quello di Cambridge. Mi faccio quindi scrivere cosa devo richiedere. Lo scrive in arabo.


2. Migrazione 1
Cerco l'ufficio immigrazione. Che in una città in cui non sono mai stato, non è proprio una cazzata. Quando chiedo a qualcuno che mi da punti di riferimento quali la “moda Mall” o “Palace avanue” e io non so dove diavolo siano, l'interlocutore mi guarda stranito e non sa cosa dire. Generalmente indico una direzione e chiedo se vado giusto. Insomma trovo la migrazione. Spiego la storia, dico che ho bisogno di Brant, nella segreta speranza di non ritrovarmi con l'ex cancelliere tedesco. Il foglio funziona e mi danno un certificato. In arabo. Ringrazio e chiedo se con questo foglio e la denuncia posso uscire dal paese. Il funzionario dice di no. Devo tornare nello stesso ufficio con la denuncia. Mi dicono anche che c'è una stazione di polizia a una decina di minuti a piedi. Ci vado.


3. Polizia 2
Alla seconda stazione di polizia mi fanno la stessa domanda. “Dove hai perso il passaporto?”. Spiego del mio giro, dell'albero della vita in mezzo al deserto e che al rientro non ho più trovato il passaporto. Secondo il capitano non l'ho perso nella loro circoscrizione. Devo quindi andare alla stazione di polizia responsabile per quell'area di deserto che include l'albero.
A questo punto un misto di sfinimento, incazzatura e smarrimento mi prende. Ma mi faccio forza, riattraverso la città e torno alla prima stazione di polizia.


4 Polizia 3
Ovviamente si ricordano di me e iniziano a fare la denuncia. Dopo circa un'ora di attesa il piantone mi dice che devo andare al C.I.P. a prendere il certificato. Le palle che erano già piene mi cadono sul pavimento con un rumore sordo. Le raccolgo e me ne vado alla ricerca del C.I.P. Che non so nemmeno cosa sia. Mi spiegano la strada e danno indicazioni su una mappa senza nemmeno riuscire ad individuare dove ci trovavamo noi. A un certo punto indicano un'area della mappa, che saranno stati 50 kmq. Mi dicono che è li, da qualche parte.


5 C.I.P.
Mentre guido a caso nell'area indicata un colpo di fortuna fa si che incontri un'auto della polizia di ronda. Mi accosto, chiedo indicazioni, ed il poliziotto decide, probabilmente in un gesto di misericordia verso uno straniero sudato, affannato e evidentemente confuso, di accompagnarmi.
Arrivo al C.I.P con tanto di scorta della polizia, che fa un certo effetto al tipo alla reception, il quale scatta come un grillo verso l'ufficio dove dovrebbero avere il mio certificato.
La sfiga però è dietro l'angolo. L'ora della preghiera si abbatte su di me e su tutto il paese e perdo una ventina di minuti in attesa delle abluzioni, tappetini e piegamenti sulle ginocchia.
Attendo paziente.
Ottengo il certificato e chiedo se con questo posso lasciare il paese. Mi dicono che devo tornare all'immigrazione per avere il timbro per l'uscita.
Oramai si era fatta l'una. Alle due chiude la migrazione.


6 Migrazione 2
Parcheggio a casa di Dio cannado clamorosamente l'incrocio in cui mi pareva ci fosse l'immigrazione e alle 13.30 mi produco in una corsa leggera, sotto il sole del Bahrain, affiancato da SUV e 4X4 che conservano i loro ospiti sotto aria condizionata.
Arrivo in condizioni pessime all'ufficio della migrazione. Il funzionario che è lo stesso di prima mi guarda stupito. Mi invita a sedermi. Prende il certificato del C.I.P. e mi chiede due foto tessere.
Come due foto tessere?
Prima non me lo aveva mica detto. Oramai il tempo è scaduto. Alle 14 chiudono. Domani è un altro giorno. Oggi si resta in Bahrain.


07 ottobre 2009

L'esilio 1/3 (questo post è in tre parti. Questa è la prima)

Dopo trenta giorni di permanenza sul territorio degli Emirati Arabi Uniti un cittadino europeo (ma anche quelli di altre nazionalità) che è entrato con un visto turistico ha 3 possibilità se vuole restare a Dubai:
1. convertire il visto in uno che dia diritto di residenza (ad esempio visto di studio...) ma non è una cosa immediata.
2. estendere il visto turistico per 30 gg al costo di oltre 100 euro.
3. prendere un volo per il Bahrain andata e ritorno per due a 90 euro.

La scelta è facile.
Si va e si torna, è anche possibile farlo in giornata noi decidiamo di passare una notte li e rientrare la mattina di domenica (qui lavorativa). Ma se perdi/ti rubano il passaporto allora le cose si complicano.
Eh si!

Arriviamo a Manama in Bahrain sabato mattina. Tutto bene. Affittiamo una macchina, che costa meno del taxi, e ci portiamo in albergo. Check-in e poi fuori alla scoperta del Bahrain.
Il Bahrain è un'isola basata sul petrolio, in forte sviluppo, con un re Sunnita, e una popolazione a maggioranza Shiita (mistero!).
L'isola è piccola. Decidiamo di andare a vedere l'albero della vita “tree of life”. Un albero mitico che come se nulla fosse cresce in mezzo al deserto. Ad oggi non si sa da dove prenda l'acqua per sopravvivere. (io sospetto ci sia una fonte in profondità, ma la leggenda è la leggenda!).
Il problema è che, presa la mappa del Bahrain, noi siamo a nord, diciamo in proporzione potremmo essere a Sondrio, e l'albero è a centro-sud. Diciamo che potrebbe essere l'equivalente di Campobasso.

Ma quello che sembra essere un viaggio lunghissimo, si trasforma in tre ore fra andata, ritorno e annesse visite all'albero e al primo impianto di estrazione petrolifera del paese. Nulla di indimenticabile, ma carino.

Ma al ritorno in albergo il dramma.
Non c'è più il passaporto.

Alla reception giurano in tre lingue diverse di avermelo ridato.
In camera non c'è.
Torniamo sui luoghi dove posso averlo perso 3 in tutto: albero, ristorante e benzinaio, ma non si trova.
Oramai è sabato sera. Non c'è nulla da fare. Andiamo a cena e torniamo in albergo. Domani ci si penserà.

27 settembre 2009

Un sogno all'incontrario.


La giornata di oggi è stata come il sogno descritto da Paolo Rossi.

Oggi dovevo informarmi su due cose:
1 l'estensione o la conversione del mio visto
2 come fare ad avere Al Jazeera Sport perché loro fanno vedere la serie A.
Prima le cose importanti, quindi la serie A.
Il provider della televisione, che è anche quello che ci da internet a casa e da cui scrivo (e quindi non lo nomino), è l'unico a fornire il servizio televisivo nella mia zona. Ci sono due provider, e hanno pensato bene di dividersi Dubai e non farsi concorrenza. Il servizio ne risente. Infatti all'ufficio c'era una coda assurda alla reception solo per capire a che sportello bisognava mettersi in coda.
Il receptionist, alla mia richiesta di parlare con qualcuno per avere informazioni su pacchetti televisivi, mi rifila in mano un modulo da compilare per richiedere il servizio senza spiegarmi quanto costa, che canali si vedono, quali sono le condizioni etc. Dice anche che hanno bisogno di una copia del passaporto che posso fare a pagamento li da loro.
Ho chiesto di darmi un dépliant con le informazioni. Il dépliant indicava il nome dei pacchetti, senza indicare il costo o i canali inclusi nel pacchetto...
Più inutile di così da queste parti credo che ci sia solo un calorifero o l'abbigliamento del post precedente.
Mi sono quindi recato allo sportello della televisione e scopro che quello fa orari diversi dal resto dell'ufficio. Meno male insistendo un po' la persona allo sportello, bontà sua, mi da alcune delle info che cerco.
Quindi deluso prendo la macchina dal parcheggio del centro commerciale (pagando 10 dirahm per il parcheggio!!!!) e mi avvio verso l'ufficio della immigrazione preparato al peggio.

Pensando “se questo è un ufficio privato, adesso che vado ad uno sportello pubblico non ne tiro fuori le gambe” arrivo all'immigrazione.

Parcheggio (1 dirham per un ora) e entro nell'ufficio.
Tutto climatizzato, ma questo è normale. Alla reception il receptionist, che riconosce il tipo di visto dopo 5 secondi di attesa, mi dice che per rinnovare il visto (procedura comune) devo andare ad un determinato sportello, per cambiare il visto (procedura poco comune) devo chiedere a un suo collega, ad un altro sportello e mi da il numerino per la coda. Vado allo sportello indicato e dopo la persona che avevo davanti tocca a me. (totale 2 minuti di attesa). Chiedo se posso avere un visto di studio con l'università a cui voglio iscrivermi. Mi chiede di attendere e dopo altri 2 minuti torna e mi dice che sarà l'università stessa a seguire le procedure. Il tutto dovrebbe richiedere un 3-4 giorni. Mi consiglia comunque di fare una proroga del visto se si arriva verso la scadenza. Per la proroga basta andare col numero della mia pratica, che mi ha dato lui, ad un agenzia di fianco col passaporto. Questo richiede una decina di minuti.
L'ufficio rimane aperto dalle 7.30 alle 20.30. Per venire incontro a chi lavora.
Mica male come servizio pubblico.

La gabola però c'è.
L'estensione del visto per 30gg costa 720 dirham.... quasi 150 euro!
Mica male eh!

Conclusione se hai i soldi a Dubai non hai problemi.

20 settembre 2009

Dubai vende moda.

Ieri sera siamo andati a fare la spesa per la settimana. Siamo andati al Carrefour che si trova al city centre. Che non è il centro della città, ma un centro commerciale. Preciso perché a degli amici capitò di essere a Dubai per mezza giornata e chiesero ad un taxista “to go to the city centre”, intendendo quello che per noi sarebbe il centro. L'equivalente di piazza del Duomo a Milano per intenderci. Si trovarono all'interno del centro commerciale di cui sopra.

Il percorso fra il parcheggio del centro commerciale e il reparto frutta del supermercato è però pieno di trappole insidiose a cui nessuna donna può resistere (e qui mi sono giocato metà dell'audience). Sto parlando dei vari Zara, Esprit, H&M, Levi's etc. strategicamente piazzati vicino all'ingresso del super. Impossibili da evitare prima di entrare al supermercato.
In questo periodo per a rendere la trappola ancora più efficace c'è la parola chiave “SALE!” (saldi).
Essendo accompagnato dalla mia dolce metà, anch'io non ho potuto esimermi da un giretto in ognuno di questi negozi.
Ma cosa ti trovo dentro oltre ai saldi? La nuova collezione autunno inverno.
Eh si perché, giustamente, oltre a gli ultimi giorni di saldi con sconti fino al 60-70%, arriva anche la nuova collezione.
Ma la nuova collezione, oltre al blu, che sostituisce il pessimo viola dell'anno scorso, e ai soliti nero e grigio, la cui produzione costa meno alle case di moda e quindi sono sempre “di moda”, (come vedete sono preparatissimo!) porta anche maglioni, giacche e giacconi.
Quindi ampi settori dei vari negozi sono occupati da giacche, cappelli, guanti etc.

La contraddizione, lo avrete già capito, è che ad oggi qui ci sono 37° di massima e 32° di minima. Il guanto mi è un po' fuori posto.
Allora ci sono due spiegazioni comunque assurde. E delle due una deve essere vera.
O la gente di Dubai è fuori di testa e si compra cose per l'inverno come se fosse in Europa. Qualcuno obbietterà che tanti viaggiano e si comprano cose per quando vanno in posti freddi, ma non possono essere così tanti da giustificare tutta questa merce. Non parlo infatti di un piccolo settore, ma di ampi settori dedicati alle cose invernali.
La seconda possibilità è che le varie case di moda mandino in tutto il mondo le stesse collezioni, senza distinzione.
Ma come possono non realizzare che ciò ha un costo economico piuttosto significativo? Perché portare qui giacche e cappotti se poi non vengono venduti sostenendo i costi di esportazione e esposizione di merce che non sarebbe venduta? Senza menzionare il costo sociale e l'impatto ambientale di questa politica.
Non ho ancora una spiegazione, ma spero di non trovare caminetti nel primo negozio di materiale per la casa che visiterò.

15 settembre 2009

Il minestrone


Ieri sera sono stato in un policlinico nell'area di Bur-Dubai. (nulla di grave, solo consulta dal dentista)

Bur è una zona piena abitata di Indiani e Pakistan.
Non sapevamo esattamente dove fosse la clinica quindi abbiamo parcheggiato e camminato in giro per le strade di Bur in cerca del dentista. Sembrava di essere a Islamabad. Anzi, più a Lahore che Islamabad.
Tante luci. Tante Shelwar Kamize (quei vestiti lunghi e scomodi monocormatici).

Poi siamo entrati nella clinica. Quello che non poteva non colpire era il misto di colori di pelle.
Ci saranno state una ventina di persone in attesa. Pakistani, indiani mussulmani, indiani indu, uno con tanto di turbante e barbona lunga e bianca.
Una bambina col segno del terzo occhio lanciava urletti dalle braccia del padre.
Ragazzi africani uno dei quali con metà faccia gonfia dal mal di denti.
Di un paio di persone non sono riuscito a capire l'origine. Forse medio orientali o est europei.
Più un europeo, io, e una russa.
Tutti assistiti da una receptionist indiana, da un dentista incollocabile, probabilmente medio orientale, e da un cassiere africano.

Il misto di colori era completato da un misto di suoni. Tutti parlavano inglese, ma il misto di accenti faceva si che la lingua parlata realmente fosse ben lontana da quella di Oxford. Il tutto era poi mischiato da cenni e linguaggi del corpo completamente contraddittori e differenti fra loro. Indiani che scuotono il capo per annuire. Donne velate che parlavano con un filo di voce appena udibile intervallate ad anziani pakistani urlanti. Un miscuglio in tutti i sensi. Per tutti normalissimo.

In tutto questo miscuglio, incredibilmente, chi mancava veramente, erano i padroni di casa. Gli arabi non c'erano e probabilmente in quella clinica non ci sono mai stati.
Dubai mi sembrava veramente un terra neutrale. Un posto senza storia e senza tempo dove gli abitanti vengono da tutto il mondo e si incontrano qui.
Una neutralità strana. Interessante.

10 settembre 2009

Ode all'erba

Ode all’erba.

Mentre questo post potrebbe essere un titolo di una canzone del sempre ottimo cantautore Robert Nesta Marley, in realtà non lo è.
Infatti l’erba a cui mi riferisco è quella di Dubai.

Nonostante i grattaceli, le strade a 3, 4, a volte 5 corsie nel mezzo della città, la metrò automatica più lunga al mondo e la costruzione umana più alta mai eseguita, quello che mi stupisce è l’erba.
Eh si perché in un paese dove, si dice, sia stato arrestato un turista a cui avevano trovato un seme di papavero (vietato per legge) incastrato fra i denti dopo aver mangiato un panino con i saporiti semini neri a Londra, si capisce quanto poco ci voglia per rischiare. E quando ti chiami “erba” confondersi è un attimo.

Questa di Dubai comunque è un erba caparbia.
Che si attacca nei praticelli dei giardini e delle aiuole. Resistendo a temperature altissime.
È un erba eroica. Perché fare l’erba di questi tempi non è facile. Eh no! Fra pesticidi, riscaldamento terrestre, cani, e buco nell’ozono è una vita dura. Ma, all’erba di Dubai, è capitata anche un’altra sfiga. Quella di essere nata in mezzo al deserto. Posto non proprio facile.
E infatti viene innaffiata puntualmente tutti i giorni per svariate ore per poter sopravvivere. Il processo ovviamente è automatico. Altrimenti l’innaffiatore umano non resisterebbe. Il che porterebbe inevitabilmente alla scomparsa anche dell’erba stessa.
Non è però tutto oro quello che luccica. Infatti queste aiuole verdi in mezzo a stradine e prati sono pianificati. Hanno poco di quell’erba che c’è da noi. Quella spontanea. Quella che cresce spavalda fra una crepa dell’asfalto e un bordo di cemento per dire “se mi date un angolo di terra ci penso io a riempirla”. L’erba da noi ha un solo nemico che la batte irrimediabilmente: il campo da calcio. Quando infatti una zona di un parco viene adibita a tale scopo non c’è erba che tenga. Dopo qualche partita il verde lascia il posto al marrone.
Quell’erba è quella coi fili sottili. Quasi tondi. Questa è come l’erba americana. È larga. Piatta. Grossa. Corazzata. Sembra quasi sintetica.
Comunque per quanto corazzata è pur sempre coraggiosa e, a volte, inaspettata.

Per gli amici del mozambico

Il filmato per i monzambichesi

08 settembre 2009

Arrivato

Arrivato a Dubai,
la prima impressione, quella che si riceve dall'aereo ancora prima di atterrare non può che essere quella di un paese particolare. Intorno alla città non c'è nulla. Deserto. E' come se qualcuno, atterrando a Linate, si trovasse con una città intorno (bada bene l'aeroporto di Dubai è più grande di quanto le più sfrenate fantasie formigoniane vorrebbero Malpensa); ma, per continuare il parallelo Milano-Dubai, è come sei i vari Cologno Monzese, Carugate, Segrate etc. non esistessero.
Solo sabbia. Tipo un'infinita spiaggia di Jesolo.

Appena usciti dall'aeroporto, dentro il quale si è preservati dall'aria condizionata, ci si accorge che non è la sabbia che non c'entra col posto. Sono i palazzi ad essere fuori luogo!
Il caldo è come quello padano di agosto 2003, solo che è potenziato. Come ulteriore tortura sono stati installati dei ventilatori che gettano acqua sulle pale (come in Duomo) appena fuori dall'aeroporto. Questa tecnica dona al caldo quella percentuale di umido per portarlo a raggiungere il 100% in un misto di caldo desertico e umidità tropicale. L'ultimo passo sarebbe inserire delle zanzare tigre per rendere l'impatto fatale.

Dall'arrivo sub tropicale si passa, nel giro di pochi minuti, se non c'è coda per i taxi, ad un clima nordico. La temperatura all'interno del taxi infatti fa si che si appannino i finestrini...fuori! Tipo Di Caprio e la Winslet in Titanic, ma al contrario.
Il taxista indiano, visto che vede il passeggero accaldato e grondante di sudore, pensa bene che il “soffio della morte” proveniente dai bocchettoni dell'aria condizionata può tonificare. Quindi lo mette a tutta manetta causando, nella migliore delle ipotesi, un blocco alla cervicale. Nella peggiore collasso dell'apparato digestivo che, combinato col pessimo cibo dell'aereo, causa un'immediata urgenza di evacuazione.

Le fitte causate dall'immediata “eccedenza di liquidità” portano picchi di dolore e ulteriore sudorazione, che convince l'autista del taxi a intensificare, se possibile, il flusso di aria gelata creando un circolo vizioso capace di stendere un cavallo.
Una volta passata la prova taxi, chi ce la fa, raggiunge la casa in volata.
Nel mio caso un monolocale carino zona al-Mankhool street angolo Kuwait road..
per quelli che bazzicano l'area o google map.
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A presto per i prossimi aggiornamenti.
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